Prodotti tradizionali abruzzesi
Questa settimana per #cucinalaregione siamo virtualmente in Abruzzo e con la collaborazione di Rosanna Di Girolamo e Alessandra Pasquini le nostre due ambasciatrici regionali abbiamo deciso di parlare di prodotti tradizionali abruzzesi e nello specifico di quattro Presìdi Slow Food che meritano di essere riscoperti e valorizzati.
Slow Food per un recupero autentico della tradizione
Slow Food è un’associazione internazionale da sempre impegnata a valorizzare il cibo e chi lo produce rispettando l’ambiente, gli ecosistemi e le tradizioni locali. I Presìdi nascono per sostenere e dare visibilità a piccole eccellenze tradizionali tipiche di un certo territorio, facendo in modo che saperi e tradizioni locali, oltre a maestranze, razze autoctone e varietà di frutta e verdura, non scompaiano. Dietro ad un Presìdio Slow Food ci sono piccoli produttori intenti a salvaguardare un patrimonio culturale gastronomico di immenso valore: formaggi rari, varietà di ortaggi cadute nel dimenticatoio, pani e dolci antichi e salumi tradizionali, accomunati tutti da una grande cura per la qualità. Insomma l’esatto opposto di quello che rappresenta la società della grande distribuzione dove quantità, velocità e prezzi stracciati la fanno da padrone. Scegliere di acquistare e impegnarsi a conoscere i Presìdi Slow Food del nostro territorio italiano, è un atto di amore per la nostra terra ma anche per le future generazioni alle quali abbiamo il dovere di trasmettere questo patrimonio immenso.
I Prodotti tradizionali abruzzesi fra i Presìdi Slow Food
In Abruzzo sono stati attivati da Slow Food ben 17 Presìdi che potete consultare integralmente sul loro sito web dedicato. Noi abbiamo deciso di approfondirne quattro sui quali vi racconteremo qualche curiosità e poi vi mostreremo come possono essere impiegati grazie anche al contributo di Rosanna e Alessandra.
Ceci di Navelli
Come si presentano: I ceci di Navelli sono più piccoli dei ceci comuni, sono di solito di colore chiaro ma alcuni produttori preservano anche la variante rossa, ancora più piccola e con la superficie grinzosa. Originariamente pare che esistesse anche la variante nera. Secondo la tradizione i bianchi venivano venduti ed i rossi conservati per il consumo domestico.
Origini: Vengono coltivati ai piedi del Gran Sasso nella campagna di Navelli, celebre anche per la produzione di zafferano. Nascono a 700 e 800 metri sul livello del mare da terreni aridi e ben drenati. Ogni anno si producono solo 10-15 quintali ad ettaro.
Curiosità e storia: Ceci, cicerchie e lenticchie sono coltivati in Abruzzo sin dal periodo medioevale. La produzione di ceci è attestata a Navelli fin dal 1800 ma probabilmente ha origini ancora più antiche, nel XVIII secolo i monaci di San Domenico a Chieti erano soliti comprare sia ceci rossi che bianchi.
Tradizione abruzzese: I ceci venivano consumati in minestra, preparati con la pasta o, una volta trasformati in farina, veniva cucinata la fracchiata, una sorta di polenta. Nelle bancarelle delle festività religiose e nelle feste casalighe non mancavano mai i ceci arrostiti in pentola col vino, mentre bolliti, schiacciati e uniti al miele (e nella versione più ricca anche al cacao) diventavano deliziosi dolcetti chiamati calcionetti o caggionetti.
Festa: Ogni fine agosto, ormai da secoli, il borgo di Navelli festeggia i suoi ceci e lo zafferano. Gli abitanti ed i produttori si sfidano nella preparazione di ricette locali a base di ceci.
Come cucinare i ceci di Navelli:
Grano Solina dell’Appennino Abruzzese
Come si presenta: Si tratta di un grano antichissimo, non ideale per le moderne linee produttive che utilizzano grani ad alto contenuto di glutine. La farina che si ricava ha un sapore intenso ed inaspettato che rende uniche le preparazioni specialmente di pane e pasta.
Origini: Come i ceci di Navelli anche questa varietà di frumento nasce e cresce nei territori montani, difficili da raggiungere e da coltivare. Tempi di raccolta lunghi, resa bassa e rotazioni con ceci e lenticchie, necessari per dare respiro ai terreni, rendono questa coltivazione eroica. Ad oggi sono circa una decina gli agricoltori della zona montana, che si impegnano a recuperare e valorizzare questo antico frumento.
Curiosità e storia: Questa varietà di frumento è conosciuto in Abruzzo come “la mamma di tutti i grani”, è coltivato da secoli in regione nei territori montani più aspri e probabilmente è discendente della siligo, il grano tenero utilizzato nell’antica Roma per preparare i miglior pane. Oltre ad essere riconosciuto come Presidio Slow Food, l’ONU l’ha inserito tra i dieci prodotti alimentari di montagna più rari e preziosi di tutto il mondo.
Alessandra ci mostra la preparazione delle sagne o sagnette, uno dei prodotti tradizionali abruzzesi più semplici e gustosi. Si preparano solo con acqua e farina senza uova. Impasti, stendi, tagli a rettangoli e cuoci!
Tradizione abruzzese: Sagne, pasta alla chitarra, pasta fresca all’uovo in generale e pane fra cui ricordiamo quello aquilano preparato con la farina di Solina e le patate.
Ventricina del Vastese
Come si presenta: Fra i prodotti tradizionali abruzzesi questo salume dal colore rosso intenso (dato dal peperone in polvere) è ricavato dalle parti più nobili del maiale. Rappresentava una specialità da consumare nei momenti più importanti della vita rurale come la mietitura e la vendemmia. Il disciplinare di produzione della ventricina vastese prevede l’ultilizzo del 70% di tagli magri ed il 30% di pancetta e prosciutto tutti rigorosamente tagliati a coltello.
Origini: Col nome ventricina vengono indicate in Abruzzo diverse preparazioni a base di maiale e peperone. Il Presìdio Slow Food fa riferimento a quella preparata nella zona di Vasto e nello specifico nel medio-alto vastese. Le sue origini non sono ancora molto chiare, ma l’aspetto originale è dato dall’uso del peperone macinato in polvere aggiunto alla polpa, che può essere dolce o piccante.
Curiosità e storia: Da secoli in Abruzzo viene coltivata la tradizione delle “maialate” ossia la produzione di diversi salumi e preparazioni a base di maiale dopo l’uccisione dello stesso. Troviamo nominata per la prima volta la ventricina nel Vocabolario dell’uso abruzzese di Gennaro Finamore come “vendricine. sf. Salame di carne porcina insaccata nella trippa del maiale stesso”. Nel 1811 nella cosiddetta Statistica Murattiana, nel catalogo dei lavorati di carne porcina si menziona un insaccato in tutto e per tutto assimilabile alla ventricina se non fosse per l’assenza del peperone secco. Quest’ultimo arriverà nella ricetta tra il 1850 ed il 1880 ed avrà un ruolo fondamentale nel perfezionalemento della ventricina. Pare infatti che i locali realizzati in pietra di fiume per mantenere una temperatura adatta alla conservazione della ventricina, fossero troppo ricchi di umidità nemica appunto del processo di stagionatura. La polvere di peperone sarebbe stata provvidenziale per assorbire l’acqua in eccesso e garantire continuità e successo a questo pregiatissimo salume.
Tradizione abruzzese: La ventricina vastese si consuma sul pane, grazie alla sua grana grossa può essere “sgretolata” direttamente con le mani. In passato proprio grazie a questa sua peculiarità si era soliti mangiarla col cucchiaio mettendola sul pane, magari proprio il cosiddetto pane “spiga” tipico di Vasto.
Rosanna ci propone un piatto ricco di prodotti del territorio ed un modo assolutamente unico per valorizzare la ventricina. Si tratta di un piatto di crema di tondini del Tavo con sagne realizzate con la farina di solina e ventricina.
Festa: Associazione di Promozione e Tutela della Ventricina del Vastese promuove ogni anno il Festival della Ventricina vastese.
Lenticchia di Santo Stefanio di Sessanio
Come si presenta: Queste lenticchie sono di piccole dimensioni e di colore scuro striato.
Origini: Siamo nel Parco Nazionale del Gran Sasso, dove pochissimi coltivatori, perlopiù anziani, producono questa piccola ma eroica lenticchia dal sapore unico. Cresce su terreni aridi ad un altitudine fra i 1150 e i1600 m e probabilmente è proprio questa difficoltà di sopravvivenza fa sì che diventi una delle più pregiate d’Italia.
Curiosità e storia: La coltivazione delle lenticchie è da sempre stato un elemento cardine dell’economia dei borghi aquilani. Documenti risalenti al medioevo attestano che in questa zona venivano coltivati i legumi, in un documento antico il contratto di Tussio, Carapelle e Trita datato 998, si menzionano i legumi coltivati nella valle del Tirino, talmente importanti a livello economico da essere sottoposti al canone livellario. La coltivazione è stata portata poi avanti dalla Baronia di Carapelle e dalla Signoria dei Medici che controllarono il territorio sino al XVIII secolo. Dopo l’Unità d’Italia, la lenticchia di Santo Stefano di Sessanio è menzionata nel testo “Le Antiche industrie della provincia di Aquila” di Teodoro Bonanni d’Ocre nel 1888. Dal 2008 i produttori sono riuniti in consorzio al fine di preservarne la tipicità.
Tradizione abruzzese: Zuppa di lenticchie con crostini.
Festa: Per festeggiare il raccolto viene organizzata una sagra durante la quale è possibile degustare piatti tipici tradizionali.
Speriamo che il nostro viaggio nei prodotti tradizionali abruzzesi attraverso i Presidi Slow Food vi sia piaciuto, ricordatevi di sostenere il vostro territorio acquistando eccellenze locali ed informandovi. Un grazie sentito ad Alessandra e Rosanna di Girolamo per averci aiutato ad illustrare questo articolo, vi ricordiamo che potete seguirle entrambe sui social. Qui sotto trovate qualche informazione su di loro. Se invece vi siete innamorati (come noi) dell’Abruzzo e volete scoprire altre ricette non perdetevi l’articolo sugli Spaghetti alla Chitarra con le polpettine tipica del teramano e la Storia del Brodetto alla Vastese.
Rosanna Di Girolamo è casalinga ma con una profonda esperienza nel modo della carne all’ingrosso e tutto quello che ci ruota attorno. E’ appassionata di cucina, dei prodotti del territorio e di qualità. Appena si potrà e si sarà organizzata potrete gustare i suoi piatti nel suo Home Restaurant nella meravigliosa cornice di Caprara. Seguitela su Instagram per scoprire ogni giorno nuove leccornie.
Alessandra Pasquini conosciuta come Una Riccia che Pasticcia è una ragazza semplice legata alla sua regione, a cui piace cucinare. La cucina per lei è un veicolo unico nel far riaffiorare le emozioni, i suoi piatti sono ricchi di ricordi e storie. Una semplice pasta e fagioli la commuove. Seguitela su Instagram e non perdetevi il suo blog ricco di ricette.