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Stati Uniti on the road: da Sturgis, motoraduno più grande del mondo, alle praterie del Far West, fino ai paesaggi lunari di Yellowstone
Viaggia - 28 Novembre 2017 - Scritto da Marco Olivieri

Stati Uniti on the road: da Sturgis, motoraduno più grande del mondo, alle praterie del Far West, fino ai paesaggi lunari di Yellowstone

Un emozionante viaggio alla scoperta del vero Far West in sella ad un’Harley Davidson. Abbiamo cominciato col motoraduno più grande del mondo a Sturgis, per poi proseguire sulla strada piu’ bella d’America fino all’ingresso nord del parco di Yellowstone. Lì abbiamo passeggiato tra i geyser e le pozze sulfuree di una delle zone più incredibili del mondo, per poi proseguire fino al Gran Teton Park, con i suoi maestosi panorami, arrivare a Jackson Hole, la Cortina degli statunitensi, ed infine proseguire per Salt Lake City, patria dei mormoni. Da lì abbiamo preso un aereo per Las Vegas, per la seconda parte del viaggio nei parchi del sud. 
In questo diario di viaggio vi descriveremo la prima parte di questo tour on the road per noi indimenticabile.

Prima tappa:

Denver, le Black hills e il monte Rushmore fino all’incredibile Sturgis

Era da tanti anni che sognavamo di fare un tour per gli Stati Uniti nella zona del Far West, in cerca di quelle suggestioni ed emozioni che si provano guardando i vecchi film western. In agosto 2015 finalmente l’occasione giusta è arrivata e abbiamo deciso di partecipare a Sturgis 2015, la 75esima data del motoraduno Harley Davidson piu’ grande del mondo.

Siamo partiti insieme a due amici, Francesco e Veronica,  per Denver in Colorado che si trova a 6-7 ore di moto dal famoso motoraduno, da lì ci siamo avventurati in un viaggio on the road degli Stati Uniti centrali,  visitando le principali attrazioni: oltre 9000km alla scoperta di grandi riserve naturali, monumenti famosi e anche zone meno conosciute degli USA.

Per degli Harleisti, Sturgis rappresenta la mecca, il vero ed unico motoraduno, il sogno di chiunque abbia la passione delle moto custom.
Dall’Italia avevamo già prenotato il noleggio di un’Electra Glide, favolosa da guidare sulle larghe ed interminabili strade americane.

Dopo circa dieci ore di volo finalmente arriviamo emozionatissimi su suolo statunitense in Colorado e dopo esserci sistemati in un hotel a Denver, ci fiondiamo affamati in unristorantino messicano che propone delle birre messicane accompagnate da dei tacos dalsapore eccezionale, qui l’avocado e il profumo degli ingredienti ci danno il primo vero benvenuto alla vita amercana. L’ambiente nel complesso ricorda una di quelle serie tv ambientate negli Stati Uniti del sud al confine col Messico, con i famosi calavera (i teschi messicani) e la madonna di guadalupe raffigurata ovunque, insieme a scheletri sorridenti. Il locale dal nome esplicativo, Machete Tequila + Tacos , si trova proprio di fronte alla Union Station.
La mattina seguente approfittiamo della bellissima giornata per fare un giro a Denver downtown: girovagando per la città abbiamo visto il comune, gli edifici governativi, sempre di grande impatto scenico, e le vie del centro.
Una volta noleggiata l’ammiraglia dell’Harley Davidson, la famosa  Electra Glide, presso Eagle Rider (ottimo rental specializzato in moto custom e Harley Davidson ), lasciamo Denver e partiamo verso nord.

Dopo le prime ore di viaggio, affrontando prima il sole cocente, poi la pioggia e le interminabili strade attraverso le sterminate praterie del Colorado, dopo una notte ristoratrice, proseguiamo per la zona delle Black Hills visitando un paio di parchi assolutamente degni di nota: il Custer state park e il Mt. Rushmore park.
Il viaggio attraverso le foreste di alberi, i ponti sospesi, le cascate e le montagne rocciose è stato veramente incredibile. Azzarderei quasi che forse è stata la parte piu’ bella dell’intero tour.
Le enormi facce dei Presidenti che sovrastano la vallata, le migliaia di motociclisti che guidavano con noi, il rombo delle moto e la bellezza incontaminata della natura, rendono la zona delle Black Hills e del monte Rushmore, un vero paradiso del motociclista, ma anche di tutti coloro che amano perdersi nella natura alla scoperta dei monumenti iconici del passato.

Il tour che ci eravamo prefissi prevedeva anche un passaggio al Crazy Horse Memorial, dove visitiamo l’equivalente indiano delle facce dei presidenti, ossia il gigantesco monumento a Cavallo Pazzo che quando sarà finito (se mai avverrà) sarà la più grande scultura nella roccia del mondo. Trovato uno dei pochi hotel rimasti liberi dal “delirio Sturgis”, sistemiamo le nostre cose al Dollar Inn Hot Springs  gestito da una famiglia di indiani (d’India, questa volta), e ci prepariamo per uscire.
Facciamo serata a Deadwood, piccolo villaggio dal sapore Far West, completamente ricoperto da migliaia di moto Harley e da personaggi a dir poco bizzari. Bandane, tatuaggi, stereo a palla e  burn out: in mezzo a questo caos passiamo una bella serata ricca di emozioni. Ci fermiamo al Wild Bill Restaurant  dove si narra che andasse spesso a bere Wild Bill Hickok, personaggio realmente esistito nel Far West, famoso per essere un pistolero infallibile e per aver condiviso esperienze più o meno colorite e romanzate, con Calamity Jane e Buffalo Bill.
L’ambiente del locale è veramente pittoresco e grazie a tutti i quadri e i dipinti dal sapore retrò, sembra veramente di essere ritornati nel 1860.

La mattina seguente ci dirigiamo finalmente a Sturgis. Entrando nel piccolo paese veniamo avvolti da un rumore assordante di moto e di musica e da odori di tutti i generi mescolati assieme: cibo alla griglia, olio per motori, patatine fritte…
L’ambiente è surreale, impossibile immaginarsi che un paesino così piccolo possa contenere così tante moto e così tante persone!
L’andare a zonzo tra le bancarelle di magliette, di gadget per motociclisti, di baracchini di street food americano, guardando dappertutto questa sterminata distesa di moto, di persone bizzarre e allo stesso tempo colorate e gioviali, è stata un’emozione unica.
Non vi dico poi la varietà delle customizzazioni delle moto: da quelle dark e quasi infernali, a quelle lollypop rosa anni ’50, a quelle coloratissime con i neon accesi, a quelle che hanno girato il mondo acquisendo un adesivo o una patch in ogni posto visitato.
Dopo aver assaporato tutto ciò che Sturgis aveva da darci, ci rimettiamo in moto per percorrere le altre numerosissime miglia alla volta di Yellowstone.

Seconda tappa:

Billings, la splendida Beartooth Hwy “Strada più bella d’America” e finalmente lo Yellowstone National Park

I panorami mozzafiato che si incontrano guidando sulle immense strade statunitensi meritano assolutamente il viaggio e, a pensarci ancor oggi, ripartirei domani stesso.

Ripartiti da Sturgis, passiamo da una piccola cittadina di nome Sheridan dove mangiamo in un ristorantino in centro e passiamo la notte, per poi dirigerci verso dell’entrata nord del parco di Yellowstone.
Sfortunatamente, il tempo volge al peggio e siamo costretti a fermarci a metà strada in una città di passaggio: Billings. Come spesso accade quando capitano gli imprevisti, ciò che non è pianificato può riservare delle belle sorprese. Dentro un pub, vicino al nostro hotel, riusciamo infatti a provare alcune specialità culinarie della zona che non avremmo mai pensato di assaggiare, tantomento in un posto perso nel nulla come quello. Mangiamo quindi le famose ostriche al burro in salsa chili ed un enorme hamburger di bisonte. In più scopriamo che Billings è la capitale della birra artigianale statunitense e quindi, presi dalla voglia di assaggiarla, ci lanciamo nella degustazione provandone più di venti. Chiacchierando con le persone locali scopriamo che proprio a Billings ci sono più di cinquanta birrifici artigianali che utilizzano la fresca acqua di sorgente del Montana, per realizzare delle birre eccezionali, e che che organizzano dei brewery tour per chi volesse approfittarne. Infine, non contenti della serata culinaria, ci infiliamo in una gelateria che già dal nome doveva farci venire qualche sospetto: la Big Dipper Ice Cream dove i coni gelato sono degni di MAN vs FOOD.

L’indomani mattina ripartiamo e, sulla strada verso l’ingresso nord di Yellowstone (Cooke City –  Silver Gate) ci fermiamo a bere un caffè per riscaldarci a Red Lodge. Questo piccolo paesino di montagna è una vera e propria bomboniera, con tutte le case in legno e i negozietti talmente caratteristici da sembrare la scenografia di un film. Qui entriamo in un negozio di caramelle talmente bello da non riuscire a smettere di fare fotografie, un po’ come se fossi un giapponese ossessivo compulsivo. L’unico pecca? L’essere dovuti partire subito. Sono sicuro che quel paesino ha ancora molto da offrire.

Appena saliti in moto, imbocchiamo la famosa Beartooth Hwy (US 212) che collega Red Lodge a Cooke City, strada leggendaria considerata un capolavoro ingegneristico nonché la “Strada più bella d’America”, secondo il giornalista Charles Kuralt. Durante il viaggio verso le montagne, viene spontaneo ripensare al panorama lasciato la mattina a Billings e confrontarlo con quanto si staglia davanti ai nostri occhi. Ci siamo lasciati alle spalle le dolci e calde pianure, per inerpicarci sulle montagne più impervie. La tortuosa strada di montagna,  immensa e facilmente percorribile rispetto alle nostre, continua a salire regalandoci ad ogni tornante una vista mozzafiato. Gli alberi radi delle praterie, lasciano spazio ai pini di montagna in un paesaggio che in qualche modo ricorda le Dolomiti, ma è molto più vasto.
Saliamo talmente in alto, da passare letteralmente a fianco di un ghiacciaio, guardando dall’alto alcuni laghetti di montagna ghiacciati. Il freddo è pungente e l’aria frizzante, è completamente diversa da quella a valle.
Che tragitto incredibile!

Una volta arrivati in cima al Top of the World, la strada ridiscende dal versante interno dello Yellowstone National Park e, tornante dopo tornante, arriviamo alle soleggiate pianure del parco nazionale, ricche di flora e di animali di ogni tipo. Mandrie di bisonti che brucano nelle praterie, uccelli che volano al tramonto e il vento tiepido che accarezza gli alberi.
Il parco di Yellowstone, ai nostri occhi di italiani, sembra infinito. Solo in quel momento capiamo veramente cosa significava il consiglio delle guide di non sottovalutarne le distanze.
Ci fermiamo a dormire al Lake Yellowstone Hotel, che si affaccia direttamente sul grandissimo lago posizionato al centro del parco.

La sera, guardando il lago e sorseggiando una birra, viene spontaneo pensare a quanto questo nostro pianeta sia qui da molto prima dell’uomo e quanto, nonostante ci si agiti tanto, il potere della natura sia sconfinato e sovrastante. L’intero parco di Yellowstone si trova all’interno della caldera di un vulcano che eruttò milioni di anni fa, e la crosta terrestre in questa zona è molto sottile, il paeseggio perciò sembra quasi alieno, rigoglioso, ricchissimo di fauna e flora ma indubbiamente impressionante. Vedendo così tanta natura sconfinata che si estende oltre l’orizzonte, ci sentimo veramente piccoli ed inermi.

Dall’Italia avevamo deciso di prendere l’hotel dentro il parco, anche se il costo per una notte è veramente elevato, ma effettivamente è risultato comodo per spostarsi la mattina senza sprecare ore per uscire e rientrare. In questo modo si riescono ad ottimizzare molto gli spostamenti, ma vi suggeriamo di stare attenti ai costi!

Il nostro programma è molto serrato, e staremo solo 2 giorni a Yellowstone. Oltre a girarlo in lungo e in largo alla ricerca di zone naturalistiche impressionanti e animali incredibili, avremmo potuto approfittare delle centinaia di escursioni da fare con tanto di mappa e ranger a cui chiedere suggerimenti, ma purtroppo il tempo è tiranno. In ogni caso visitiamo leattrazioni principali del parco: il bellissimo giro dei Geyser, a partire dal famoso Old Faithful che ogni ora e mezza circa (96,5 minuti), puntuale come un orologio svizzero, spruzza in alto getti di vapore, e le spettacolari pozze sulfuree multicolore (Hot Springs) che regalano agli spettatori delle emozioni fuori dal tempo e lo spazio.
Rimaniamo veramente impressionati da questi spettacoli della natura e siamo molto dispiaciuti di dovercene andarcene.

Terza tappa:

Gran Teton park, Jackson Hole e Salt lake city

Usciti da Yellowstone, seguendo la strada, ci ritroviamo in un altro parco, il Gran Teton Nation Parkmeno famoso ma altrettanto affascinante. La sensazione, viaggiando in moto sulla strada tra gli alberi è di un luogo più familiare che ricorda i paesaggi delle nostre montagne. Qui decidiamo di fermarci in un bellissimo hotel, il Jackson Lake Lodge, che merita la fermata anche solo per vedere la hall e la struttura. Bere un aperitivo al tramonto, al bar con la vista sulla  montagna “Gran Teton” è un’esperienza da non perdere assolutamente.   

Nella zona del gran Teton facciamo anche un’escursione a piedi nei pressi del Jenny Lake , è stato molto semplice in quanto presso il Jenny Lake Visitor center si possono trovare tutti i percorsi per le escursioni e i trasporti in battello da e per le camminate.
Infine, per non farci mancare nulla, decidiamo di fare anche rafting sullo Snake river. Bella esperienza, poca adrenalina, ma molto relax; da non mettere a confronto con il rafting in Val Sesia o sul Noce in val di Sole, esperienze molto piu’ avvincenti, ma sicuramente un bel pomeriggio a zonzo per la natura incontaminata.

Dopo questa scorpacciata di natura, ci rimettiamo in moto desiderosi di ritornare nella civiltà ed arriviamo sino a Jackson Hole, il primo paese appena usciti dal parco Grand Teton.
Arriviamo verso sera e fin da subito ci rendiamo conto che questo paesino è completamente diverso rispetto a tutti gli altri visti fin’ora, è infatti inaspettatamente fashion e stiloso, oltre ad essere stracolmo di gente, tanto da avere problemi a trovare una camera libera.
Troviamo a fatica una sistemazione per la notte e girando per il centro, scopriamo che Jackson Hole è in realtà una meta famosa tra i VIP che vogliono passare un weekend in montagna tra feste, bagordi e shopping montano. Rimaniamo estasiati da questo strano ambiente e ci infiliamo in tutti i locali e negozietti che troviamo.

Alla fine, desiderosi di un cibo cittadino, finiamo a cena al The Kitchen, un ottimo ristorante giapponese molto moderno e con una buona cucina Japan e fusion, assolutamente consigliato se volete mangiare sushi anche in montagna.
 Jackson Hole ci è piaciuta veramente tanto, assolutamente fuori contesto, un po’ tamarra e a tratti kitsch, ma veramente curiosa e simpatica, insomma ottime vibrazioni!

La mattina seguente ripartiamo verso Salt Lake City,  un lungo viaggio di quasi 5 ore. All’arrivo ci attende il rental Easy Rider per la restituzione della moto e l’aereo in direzione Las Vegas. Avendo solo una notte a disposizione, decidiamo nelle poche ore di luce di visitare la città. Dirigendoci verso il centro tutto l’ambiente ci sembra strano ed in qualche modo un po’ inquietante. Scopriamo che Salt Lake City è stata fondata nel 1847 dal Brigham Young e altri seguaci mormoni su suolo deseritco, e ancora adesso la presenza di questa religione è molto forte in ogni angolo della città. Ovunque infatti si percepisce la cosa, le banche sono di proprietà di mormoni, le chiese, il teatro e gli auditorium sono piene di volontari pronti ad accogliere i pellegrini e che cercano di avvicinarti alla religione di Mormon, addirittura nei bar e nei ristoranti non vendono alcolici se non al massimo la birra light.
Bizzarra, ma sicuramente un’esperienza diversa dal solito. Ci facciamo una pizza, anche buona, in una pizzeria aperta da un italiano e andiamo direttamente a letto, pronti per prendere il volo verso Las Vegas.

Il viaggio continua verso Las Vegas e i parchi del Sud, ma è giusto prendersi una pausa, quindi ci vediamo al prossimo post per la seconda parte!
A presto

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