La vera storia del mais e la cucina Messicana

usata per le tortillas
e la masa harina
Foto Cime e Peperoni
Abbiamo già parlato del mais nell’articolo dedicato alla Polenta, piatto simbolo del Veneto, ma la vera storia del mais va a collocarsi prima della scoperta dell’America e prima che l’arrivo di questa pianta in Europa rivoluzionasse la storia dell’alimentazione del vecchio continente. Questa settimana per #cucinalaregione voliamo in Messico, alla scoperta di uno degli alimenti principe di questa cultura gastronomica.
Dal teosinte al maize
Una delle più importanti scoperte dell’umanità fu proprio il maize da noi appunto chiamato mais, destinato a diventare la pianta più coltivata in tutto il mondo moderno. La storia di questo umile ed incredibile alimento inizia migliaia di anni fa in Messico, con l’addomesticamento di un’antichissima coltura conosciuta come teosinte. La selezione genetica del teosinte in maize avvenne millenni addietro ad opera dei contadini mesoamericani. Il termine maize deriva dall’antica parola mahiz dalla lingua Taino dell’America pre-Colombiana. Evidenze archeologiche hanno dimostrato che la dieta delle civiltà Maya, Atezeca e Olmec dipendeva quasi esclusivamente da esso.

Il maize rappresentava il cibo alla base di tutta la cultura alimentare dell’America centrale e nutriva democraticamente tutti sia i nobili che gli uomini comuni.
La Nixtamalizzazione

Come abbiamo raccontato nell’articolo sulla Polenta, la grande differenza fra l’utilizzo del mais in Europa ridotto in farina grazie ai mulini, ed il modo in cui da sempre viene trattato nella sua terra d’origine, sta nel processo di Nixtamalizzazione. Questa tecnica che prevede la cottura del mais in acqua di calce, permette l’estrazione del germe di grano e la trasformazione in una pasta chiamata masa, che è ricca di nutrienti ed in particolare di vitamina B3. La stessa vitamina è completamente assente nella nostra farina per polenta e questa carenza è stata responsabile in passato in Europa, in momenti di carestia dove la dieta era ridotta esclusivamente al mais, di terribili epidemie di pellagra. Una volta ottenuta la masa la si può utilizzare così com’è o essiccare e ridurre a sua volta in farina la masa harina, alla base di tantissimi piatti tipici messicani.
Non un solo mais ma tante varietà

Le varietà di mais disponibili in Messico sono tantissime, diverse per colore, sapore ed uso, mutate e selezionate nel corso dei secoli per adattarsi a diverse condizioni di clima e suolo ed in base ai gusti degli utilizzatori. Da noi è conosciuto perlopiù quello giallo, ma tantissimi contadini messicani si impegnano tutt’oggi per preservare la diversità di questa incredibile coltura. La coltivazione intensiva del mais, viaggia invece in direzione completamente opposta, appiattendo e selezionando i chicchi più resistenti e con la massima resa, senza tener conto né delle tradizioni né della biodiversità. Molti contadini messicani oggi a fianco alle coltivazioni intensive, necessarie per la loro sopravvivenza economica, coltivano delle piccole quantità di mais di qualità destinate perlopiù al mercato interno se non addirittura al loro uso privato.
Ricette nuove e ricette antiche arrivate fino a noi
La versatilità del mais al giorno d’oggi è incredibile, utilizzato per creare carburanti a base di etanolo, mangimi animali, amido di mais, e ovviamente moltissimi piatti nelle tradizioni gastronomiche sudamericane e mondiali. Nonostante sia coltivato ampliamene in tutto il sud America ed in tutto il mondo, il Messico, il suo luogo di origine, conserva nella sua cucina un posto speciale per questo alimento.
Tortillas a tutto spiano
La gastronomia messicana è letteralmente costruita sulle tortillas di mais, che rappresentano il tratto comune di alcuni dei piatti messicani più conosciuti in tutto il mondo come le enchiladas, le quesadillas e i tacos. Qui sotto vediamo la sequenza di preparazione delle tortillas a cura di Erminia la mamma di Maria di Cime e Peperoni.
Le tortillas sulla tavola messicana non possono assolutamente mancare, si preparano facilmente grazie alla Masa Harina (la farina ricavata appunto dalla pasta di mais masa) e acqua, vengono poi stese grazie alla apposita pressa indispensabile per far si che non si sgretolino. Si cuociono su di una superficie molto calda e si consumano in accompagnamento al cibo. In commercio si trova facilmente sia la masa harina di mais bianco che di mais giallo, ovviamente il sapore sarà leggermente diverso. Dalle tortillas si possono ricavare anche le amatissime tortilla chips
Tamales e Atole direttamente dall’antico Messico

Tantisismi sono le ricette messicane a base di mais, dalle Elote, le pannocchie arrostite per strada servite con burro, oppure peperoncino, o formaggio cotija, per continuare con il Pan de elote, e le bevande. Ma mentre molti dei piatti messicani nascono da una sapiente fusione di cucina europea e tradizioni locali, frutto di flussi e reflussi fra il vecchio ed il nuovo continente, alcune preparazioni e ricette si distinguono per le loro antichissime origini. Proprio come i tamales nati fra l’8000 ed il 5000 a.C.. Si tratta di masa (la pasta di mais nixtamalizzato) arricchita con altri ingredienti e cotta al vapore o in acqua bollente in una foglia di mais. I tamales erano facilmente trasportabile durante le battute di caccia e durante i viaggi e spostamenti, erano inoltre considerati sacri ed utilizzati come offerta agli dei. Ancora oggi accompagnano i giorni di festa e si preparano sia dolci che salati.

Oppure l’Atole una bevanda a base di masa che accompagna spesso i tamales, viene venduta per strada ed è popolarissima durante il celebre “Dia de los muertos”. La parola “atole” deriva dal nahuatl, la lingua degli Aztechi, e rappresenta probabilmente il modo più semplice per consumare il mais, basta infatti aggiungere un po’ di masa harina all’acqua ed il gioco è fatto. Ovviamente ne esistono diverse versioni con aromi e spezie, delizioso è quello con il cioccolato chiamato Champurrado.
Una piccola riflessione sulla vera storia del mais

Il mito della creazione dell’uomo secondo la tradizione Maya come riportata nel libro “Braiding Sweetgrass” di Robin Wall Kimmerer, racconta che gli dei che popolavano la terra decisero inizialmente di plasmare gli esseri umani a partire dal fango, ma il risultato fu deludente: informi e deboli svanirono con la prima pioggia. Riprovarono allora col legno, ne vennero fuori esseri robusti ma privi di compassione e amore senza nessun interesse e cura per la madre terra. Così il mondo naturale li spazzò via con inondazioni ed incendi. Vennero allora creati esseri di luce, bellissimi e brillanti ma erano presuntuosi ed ingrati, si sentivano più intelligenti e lucenti degli dei che li avevano plasmati, la loro rovina avvenne quando cominciarono a credersi essi stessi degli dei. Infine dopo errori e prove, gli dei compresero che gli esseri che avrebbero dovuto abitare la terra dovevano essere umili, compassionevoli e pieni di gratitudine per il pianeta in cui vivevano. Crearono allora gli esseri umani a partire dalla masa, l’impasto fatto appunto di mais. A differenza degli esseri di fango gli dei speravano che sarebbero stati compassionevoli ma forti perché fatti con un dono della terra e non direttamente di essa. Provenendo da un frutto della terra gli uomini di mais svilupparono un intensa comprensione del ciclo della vita e delle piante. Impararono quindi a nutrirsi con esse e questa reciprocità li portò a comprendere perché le stagioni cambiano, perché le maree fluiscono, come il sole e la luna sono coinvolti in questo processo e i segreti dell’agricoltura. Da questa comprensione sarebbe poi nata l’esigenza del linguaggio per diffondere i loro saperi, e li avrebbe poi ispirati a osservare le stelle in modo da poter tracciare il tempo che passava. Per poter capire il senso del tempo avrebbero costruito piramidi per onorare gli dei, e avrebbero creato miti e riti nati dall’osservazione della loro terra, per poi tramandarli alle future generazioni affinché capissero l’importanza del vivere allineati al pianeta e alla natura. Il mito vuole che gli umili esseri fatti di mais prosperarono, e gli dei ne furono grati.

La vera storia del mais è la nostra storia…
Questo mito ha come scopo principale di farci riflettere, non vi è alcuna certezza che noi oggi siamo ancora quegli umili esseri creati dal mais in armonia col pianeta, con la natura e gli dei. Anzi molto probabilmente non lo siamo, ma dobbiamo riflettere sul fatto che la salute stessa del pianeta è rappresenta l’unica via di salvezza dell’uomo. Ed il mais, coltura forse fra le più brutalizzate, intensificate ed esportate in tutto il mondo, ci offre ancora una volta uno spunto di riflessione.
Fino a quando non capiremo la relazione simbiotica che sostiene entrambi (uomo e natura), non potremo divenire esseri umani del mais, capaci di ringraziare e ricambiare.
Robin Wall Kimmerer
Ringraziamo per questo articolo e per questa settimana dedicata al Messico Maria e Francesco i nostri compagni di viaggio culinario di Cime e Peperoni che hanno coinvolto Erminia, mamma di Maria, e le sorelle missionarie di Cristo mediatore e Suor Lupita direttamente in Messico, la nostra cugina Elisa ed in particolare Roberto e Zyanya che ci hanno fornito moltissimi materiali, spunti, consigli, foto e video. Trovate tutto questo e molto altro sulla pagina di Cucina la Regione nella sezione dedicata al Messico.