Dolci umbri fra antichi rimandi e simbologie
I dolci umbri, sconosciuti perlopiù al resto d’Italia, sono estremamente prelibati ed hanno un’originalità ed una complessità di simboli e rimandi veramente incredibile. Oggi per la rubrica #cucinalaregione con l’aiuto della ricetta della Ciaramicola a cura di Michela Mazzoni viaggeremo nei sapori di questa splendida regione e scopriremo qualche aneddoto e qualche piatto tradizionale.
Cucina umbra: origini antiche per un territorio dalle materie prime eccellenti
La gastronomia umbra porta ancora oggi dentro di sé le tracce dell’influenza etrusca e di quella romana, tradizioni culinarie in cui i legumi, l’olio d’oliva ed i cereali erano di fondamentale importanza. Nel medioevo poi l’intera regione fu al centro di alterne vicende col papato e la susseguente nascita di numerosissimi monasteri ed ordini religiosi. Figure come San Francesco, Santa Chiara, Santa Rita e San Benedetto hanno visto i loro natali in questa meravigliosa terra, e le tradizioni, culinarie e non, si sono focalizzate sempre più intorno al calendario monastico.
Non si può parlare di cucina umbra senza menzionare gli allevamenti di maiali con la magistrale lavorazione dei salumi che qui raggiunge livelli qualitativi altissimi, basti pensare che col temine norcinerie nella lingua italiana vengono definite tutte quelle specialità preparate a partire dal maiale stagionato. Norcia quindi è da tempo immemore celebre per i suoi sopraffini maiali e parallelamente San Benedetto e Cascia per gli ovini. Non solo salumi quindi ma anche caci, caciotte, le giuncate e il “castaldo” formaggio dalle origini medioevali impreziosito col tartufo bianco.
Proprio al tartufo bisognerebbe dedicare un intero articolo, che sia scorzone (quello estivo), o il pregiato invernale, al rinomato tubero spetta un posto di tutto riguardo fra le eccellenze locali. Per chiudere questa riduttiva panoramica, che speriamo vi lasci la voglia di andare a scoprire ed assaggiare tutte le prelibatezze umbre, vi segnaliamo che in questa splendida regione non solo i sapori di terra trovano degna valorizzazione, ma anche la cucina d’acqua dolce. Grazie infatti ai numerosi fiumi e torrenti è possibile trovare moltissimi pesci come trote (abbinate spesso al tartufo in un sublime quanto inaspettato matrimonio), tinche, carpe, persici esaltati invece nel tipico e gustoso “tegamaccio”.
Dolci umbri: dal medioevo al ‘900 protagonisti delle tradizioni
Uno degli aspetti che ci ha incuriosito di più della tradizione dolciaria umbra sono i dolci di forma animale o antropomorfa preparati per invocare protezione. Nascono così gli Stinchetti, chiamati anche ossi dei morti, che tradizionalmente venivano mangiati per scongiurare le malattie alle gambe, oppure il Torciglione, un serpente attorcigliato decorato con mandorle che ne simulano le squame, le cui origini non sono chiare ed i significati simbolici sono innumerevoli (dalla ciclicità del tempo, alla vittoria del bene contro il male fino al serpente dell’Apocalisse).
“Gli stinchetti riproducono in marzapane tibie umane, la qual cosa faceva scrivere a Paul Valéry nel suo libro L’Italie confortable: «Cet horrible bonbon, qui a sa moelle comme les ossements humains, rappelle, par sa forme et son nom, l’ancienne réputation de férocité des habitants, heureusement fort adoucie!». Evidentemente il Valéry ignorava che il mondo dei dolci in Umbria e in Italia è dominato dalla magia simpatica e che nel caso specifico degli stinchetti c’è una concezione animistica secondo la quale il mangiare le riproduzioni fortifica l’organo riprodotto”. F. Cunsolo, Guida Gastronomica d’Italia, vol. 6, Umbria – Lazio
Come in tutto il centro Italia anche fra i dolci umbri sono presenti inoltre pan pepati, traccia della cucina del Medioevo, le focacce dolci e preparazioni di vario genere ripieni di frutta secca e spezie come piaceva nei tempi passati. Fino ad arrivare alla Ciaramicola, tipico dolce perugino che rappresenta nientemeno che la città stessa di Perugia. Ma prima di addentrarci nei dettagli di questo bellissimo e simbolico dolce, proprio a Perugia ed al cioccolato è giusto fare un rimando. Perché proprio nella splendida cittadina umbra è nata una delle più famose aziende dolciarie italiane che deve la sua fama ad un dolce inventato nel 1922 che oggi conosciamo tutti come bacio ma che la sua creatrice, Luisa Spagnoli, voleva chiamare cazzotto. Sì, perché forse non ci avete mai fatto caso, ma la forma dei Baci Perugina ricorda decisamente quella di una mano chiusa a pugno, fu Giovanni Buitoni ai vertici dell’azienda, a rinominarli baci con la scusa che è molto più gradevole chiedere un bacio che un cazzotto…
La Ciaramicola o meglio Perugia in un dolce
Questo delizioso, coloratissimo e caratteristico ciambellone tipico pasquale, non è solo un piacere per il palato, ma è una vera e propria opera d’arte gastronomica ricca di simboli e di rimandi alla splendida Perugia. Il nome richiama da un lato la cinciallegra, passero che di solito canta per annunciare la bella stagione e che in dialetto umbro si chiama “ciarapica”, e dall’altro la parola “ciara” ossia chiara, stante ad indicare la copertura di glassa bianca che sormonta la rossa ciambella.
Simbologia nella Ciaramicola
Nella versione originaria tradizionale, il perimetro della ciambella veniva sormontato da cinque montagnole mentre un sesto rialzo veniva formato in mezzo al buco attraverso l’incrocio di due braccetti. Questi rilievi stanno a simboleggiare gli storici rioni di Perugia ognuno dei quali sorge su di un colle diverso: Porta Sole, Porta Sant’Angelo, Porta Susanna, Porta Eburnea e Porta S. Pietro, mentre l’incrocio al centro rappresenta il cuore pulsante di Perugia con Piazza IV Novembre e la celeberrima Fontana Maggiore.
Anche i colori della Ciaramicola non sono casuali, il rosso dell’impasto dato dall’alchermes, in opposizione al bianco della glassa, stanno a simboleggiare sia l’ardore contrapposto al candore della gioventù (questo dolce era tradizionalmente donato dalle ragazze nubili agli innamorati) ma anche la Passione di Cristo trattandosi di un dolce pasquale. Persino i colori dei confettini metaforicamente rimandano ai rioni cittadini:
- Rosso come il fuoco in relazione a Porta Sant’Angelo da cui entrava la legna da ardere
- Bianco come Porta Sole il quartiere ad est, chiaro e luminoso per i marmi e i travertini degli aristocratici
- Blu come Porta Susanna che attraverso la Via Trasimena conduce all’omonimo lago
- Verde come Porta Eburnea che si apre verso i boschi ed i vigneti della vallata antistante la città
- Giallo come Porta San Pietro posta a sud da cui entrava il grano destinato alla città
Tempo presente: la tradizione continua
Oggi la Ciaramicola è ancora molto apprezzata fra i dolci umbri ed esiste in versioni semplificate (i braccetti centrali sono andati via via scomparendo, e non sempre i confettini vengono usati con cognizione di causa) ma comunque prepararla seguendo la ricetta della tradizione perugina e assaporare un piccolo “pezzo” di Perugia ha un fascino immenso, e come tutte le tradizioni rappresenta un ponte fra passato e futuro.
Veniamo ora alla ricetta della Ciaramicola che ci ha dato Michela Mazzoni che durante tutta questa settimana ci ha mostrato piatti tradizionali umbri sulla sua pagina instagram.
Ricetta Ciaramicola
Ingredienti
- 5 uova
- 125g di burro
- 200g zucchero
- 5 cucchiai di alchermes
- ½ limone grattugiato
- 1 bustina di lievito istantaneo
- 350-400g di farina
- 2 albumi
- 250g zucchero a velo
- confettini colorati per decorare
Procedimento
- Disporre la farina a fontana, mettere al centro le uova, lo zucchero, il limone.
- Amalgamare gli ingredienti ed aggiungere il burro ammorbidito un pezzo alla volta mescolando bene.
- Aggiungere l’alchermes sino ad ottenere un composto morbido e liscio.
- Unire infine il lievito ed impastare bene.
- Versare il composto in uno stampo a ciambella imburrato ed infarinato e metterlo in forno a 180° per 40 minuti circa.
- Nel frattempo montare a neve l’albume ed incorporarvi un po’ per volta lo zucchero a velo.
- Dopo 30 minuti di cottura della torta, tirarla fuori ed aggiungere la glassa ed i confettini, rimetterla in forno e terminare la cottura per gli ultimi 10 minuti.
In conclusione alla nostra panoramica sui dolci umbri ringraziamo Michela Mazzoni per la sua ricetta della Ciaramicola e per aver rappresentato la sua regione nella rubrica #cucinalaregione su instagram. Seguitela per vedere cosa succede fra i suoi fornelli!
Michela Mazzoni è biologa, viene dall’Umbria ed è diventata insegnante per passione. Ama la cucina e la montagna e il suo sogno nel cassetto è avere una baita tutta per sé! Seguitela sulla sua pagina instagram
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