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Viaggio in Indonesia: i nostri consigli su Java e Bali
Mangia, Speziati, Viaggia - 01 Marzo 2016 - Scritto da Marco Olivieri e Beatrice Perbellini

Viaggio in Indonesia: i nostri consigli su Java e Bali

Di ritorno dopo più di tre settimane in giro per l’Indonesia ci è venuta voglia di scrivere un breve resoconto di come è andata la nostra vacanza, specialmente dal punto di vista gastronomico.

L’aspetto più interessante sia per Bali che per le nostre (seppur più limitate) esperienze a Java, è che non importa che tu stia mangiando nel ristorante alla moda curato e ricercato, piuttosto che nella catapecchia sulla spiaggia, mangerai sempre bene e spenderai sempre poco. E con poco intendo una media di circa 15-20€ a coppia bevendo alcolici.
Con mio sommo rammarico, durante tutte le tre settimane, non ci siamo mai avvicinati al cibo di strada, mio marito memore di brutte avventure del suo passato, me ne ha tenuta decisamente alla larga nonostante spesso fosse davvero invitante. In questo caso i prezzi si abbattono ancor di più per arrivare a spendere tranquillamente 1-2€ a pasto. Ovviamente se a vostro rischio e pericolo doveste scegliere di assaggiare lo street food indonesiano, potreste ritrovarvi con quella che localmente veniva chiamata “Bali belly”, ossia il tanto temuto mal di pancia che in viaggio si sa, non fa mai piacere dover affrontare.

In realtà trattandosi nel caso dell’Indonesia per lo più di cibo cotto, non credo che i rischi siano grossissimi, ma da quanto ci ha detto la nostra guida (che al contrario nostro mangiava regolarmente per strada), il vero problema è che spesso i ristoratori partono da casa alla mattina con un’unica ciotola di acqua dentro la quale per un’intera giornata sciacquano i piatti che poi riutilizzano per gli avventori.

In ogni caso veniamo al sodo, cosa si può ordinare al ristorante una volta arrivati in Indonesia? 

Innanzitutto il paese è talmente grande e variegato che a seconda di dove ci si trova si possono mangiare cose molto diverse
Ad esempio nell’isola di Java a Yogyakarta ci siamo imbattuti in un paio di ristoranti che servivano carne di cobra e pitone (purtroppo erano solo su ordinazione quindi non li abbiamo potuti assaggiare!) cosa che a Bali non era neanche lontanamente pensabile. A Bali invece la maggior parte della popolazione è induista e adora cucinare il maiale arrosto che è considerata una vera e propria specialità locale, cosa al contrario improponibile a Java o alle isole Gili dove sono tutti musulmani. In linea di massima possiamo comunque individuare come piatto nazionale il nasi goreng ed il mie goreng, rispettivamente riso fritto e noodles fritti con pollo o pesce e verdure saltate.

Un piatto molto più interessante per entrare in contatto coi diversi sapori che la cucina locale offre è il nasi campur (nasi in indonesiano vuol dire riso), ossia una palla di riso in bianco circondata da diversi assaggi di specialità di vario genere, non esiste una regola precisa su quello che si può trovare attorno al riso: dalle arachidi fritte al tempeh (deliziosi semi di soia fermentati, fritti e caramellati), ai satay (spiedini di pollo o di altra carne infilati in bacchette di bambù) a scagliette di cocco piccanti e fritte. Un altro piatto da ricordare, questa volta vegetariano, molto particolare e che vede impiegata la salsa di arachidi (utilizzata anche in tante altre preparazioni) è il gado gado, un’insalata mista con cavolo cappuccio, cetrioli e fagiolini ricoperta dalla già menzionata salsetta, molto corposa e dolce.

In Indonesia vale decisamente la pena ovunque voi siate, fare un giro al mercato della frutta e verdura per farsi travolgere appieno da un tripudio di forme e colori così diversi da quelli a cui siamo abituati, ma soprattutto di odori e puzze sconosciute! Primo in classifica il famigerato durian, un frutto tropicale, verde, della grandezza di una noce di cocco, completamente ricoperto da protuberanze appuntite e decisamente maleodorante! Già da chiuso presenta un odoraccio di formaggio andato a male, ma una volta aperto, la puzza si diffonde rapidamente ed impesta tutti i luoghi circostanti. Dentro si presenta gelatinoso e filoso, gli indonesiani ne vanno matti e lo mangiano a tutte le ore del giorno. E’ talmente puzzolente che in alcuni luoghi pubblici (come gli autobus e le metropolitane) è addirittura proibito mangiarlo!
Più di una volta sono stata tentata di assaggiarlo, nonostante per dirla tutta, non fosse per niente invitante. Alla fine non ce l’ho fatta, ma abbiamo acquistato dei crackers al durian e ci siamo ripromessi una volta tornati in Italia di provarli. 

A parte il durian, altri frutti tropicali, decisamente più accattivanti si possono trovare ed assaggiare in Indonesia, fra quelli in cui ci siamo imbattuti: il rambutan, il mangostano, la pitaya e delle piccole ananas locali (che però ho trovato più “legnose” e meno dolci di quelle africane). Forse a causa del turismo “alternativo”, più healty e spirituale che si può trovare ad Ubud (nell’entroterra di Bali, dove noi abbiamo passato diversi giorni), qui c’è la possibilità in tantissimi localetti e juice bar, di bere centrifughe decisamente creative che mescolano frutta locale con spezie e verdure dalle più svariate proprietà.

Sempre parlando di frutta, verdura e spezie, un luogo che ci ha conquistato è stato il Bali Pulina Agro Tourism dove siamo andati a vedere l’allevamento dei Luwak dai cui escrementi ricavano il pregiatissimo caffè omonimo che ovviamente abbiamo assaggiato anche noi. Il luogo è immerso nel verde delle risaie, prima di arrivare alle gabbie delle manguste (che abbiamo avuto il privilegio di vedere sveglie visto che sono animali notturni ed erano ormai passate le 5 di pomeriggio) ci si addentra in un percorso pensato per familiarizzare con le coltivazioni di spezie e piante tropicali. Per noi è stata un vera sorpresa vedere dal vivo le piante di cacao, di caffè, di ananas e le varie spezie appena raccolte pronte per essere essiccate. Conclusa la camminata siamo arrivati ad una splendida terrazza con vista panoramica, dove ci è stata offerta una degustazione di caffè diversi, the e cacao e finalmente abbiamo assaggiato il sopraffino caffè luwak (che abbiamo poi prontamente acquistato al loro negozio interno).

Consigli specifici su dove mangiare ad Ubud non mi sento di darne, abbiamo mangiato bene sempre, sia al suggestivo Laka Leke (dove si mangia solo indonesiano immersi in una splendida e curatissima cornice di fiori, piante, fontane e divinità di tutti i tipi) che al Three Monkeys dove si mangia fusion, con piatti italiani, greci ed indonesiani (ed i cocktail sono molto buoni!) che ai ristorantini più modesti trovati per strada completamente a caso. Una menzione speciale va però al Waroeng Bernadette at Toko Madu, luogo che per noi è stato assolutamente ispirante. Al di là dell’ottimo cibo javanese (qui è possibile mangiare piatti molto diversi da quelli soliti balinesi) l’atmosfera che pervade il luogo è speciale. Il locale si affaccia sulla via Gootama, ricca di piccoli ristoranti tutti molto interessanti, variegati e curati sia indonesiani tipici, che etnici (ricordiamo anche un ottimo thai). Bernadette offre in vendita oltre al cibo, un’esposizione stabile di oggetti di artigianato selezionati dalle proprietarie, che contribuiscono ad arredare il ristorante e a dargli quell’atmosfera unica, alternativa e rilassante allo stesso tempo, che a noi è tanto piaciuta.

Una piccola parentesi, sul cibo mangiato in queste settimane la meritano le isole Gili: questi piccoli paradisi tropicali a largo di Bali col loro mare smeraldo, la barriera corallina e svariati (forse troppi?) locali e ristoranti sul mare dove mangiare a volontà cibo di tutti i tipi. Forse sarà stata una mia impressione, ma a Gili Trawangan rispetto ad altre località ho notato un’alta concentrazione di ristoranti meno tipicamente indonesianicon al contrario una tipologia di offerta più ampia di cibo occidentale. La mia non vuole essere una critica (anche perché a questo punto della vacanza cominciavamo ad essere stufi di cibo indonesiano), quello che ci ha in realtà stupito è che nonostante i prezzi fossero un pochino più alti di Bali (rimaniamo comunque sotto la media italiana), ed il contesto fosse forse troppo turistico, il cibo era estremamente ben cucinato e curato sia nella preparazione e nella presentazione.
A parte il grande piatto royale (o imperiale non ricordo bene…) con aragosta, gamberoni e pescato del giorno, mangiato al ristorante Egoiste vicino al porto, la vera sorpresa è stato un piccolo ristorante italiano quello del Danima Resort, dove abbiamo mangiato assolutamente allo stesso livello di un ottimo ristorante qui in Italia. Siamo stati accolti da un giovane cameriere indonesiano che aveva imparato a parlare molto bene italiano dai gestori, che come benvenuto, a parte l’apprezzatissimo cestino del pane fresco fatto in casa (che non mangiavamo da settimane!), ci ha portato una pizza bianca al rosmarino. Ci siamo poi mangiati una pizza, anch’essa degna della madrepatria, e dei tagliolini di pesce serviti in crosta di pane.

Infine chiuderei in bellezza col maiale. Ammetto che noi avevamo sottovalutato la cosa, in molti ci avevano detto che il maiale a Bali era eccezionale, ma io personalmente non ci avevo creduto troppo, infondo mi pareva strano che in un arcipelago ad altissima prevalenza musulmana fosse possibile trovare un maiale degno di questo nome! Ed invece il maialino alla balinese è stato una vera e propria delizia, assolutamente indimenticabile.
Più volte abbiamo tentato di mangiare ad Ubud al ristorante Ibu Oka, rinomato proprio per il maiale, ma la sfortuna ce l’ha fatto sempre trovare chiuso. Allora ci siamo rifatti a Seminyak, l’ultima sera di permanenza a Bali e possiamo dire decisamente di esserne rimasti esterrefatti. Per l’ultima cena sull’isola abbiamo scelto un ristorante di fascia alta (e non a caso abbiamo pagato 100€ in due, sempre sotto la media italiana per un posto del genere, ma decisamente caro per gli standard balinesi), ma ne valeva assolutamente la pena. Si tratta del Ku de ta, ristorante dell’omonimo albergo. Dopo una sala interna elegantissima affacciata all’esterno, ci si ritrovava in una corte molto intima ed illuminata con luci soffuse aperta verso il mare. Il servizio è stato di primissimo ordine, ed ogni piatto del menù che abbiamo ordinato è risultato al di sopra delle nostre aspettative. La lista dei cocktail era così curata e creativa da far addirittura commuovere. Dopo due entrée che già ci avevano fatto intuire lo spirito fusion del ristorante che andava a prendere gusti tradizionali orientali per declinarli e reinterpretarli con un tocco da chef creativo, è arrivato il re della serata: 500g di maialino arrosto alla balinese, servito con contorni, salsette di accompagnamento e gli immancabili crackers di gambero. Il maiale si scioglieva in bocca ed allo stesso tempo manteneva la sua componente croccante, insomma una vera delizia. Abbiamo concluso la cena con una degustazione di 6 sorbetti diversi ai gusti tropicali. Sicuramente si tratta di un’esperienza diversa dai tradizionali waroeng (vuol dire trattoria in indonesiano) presenti su tutta l’isola, ma se amate la buona cucina con un tocco creativo fateci un salto ne vale decisamente la pena.

Vorrei infine concludere con un racconto che ci ha fatto Kade, la guida che abbiamo preso per alcune escursioni nell’isola. Quando è arrivato per la prima volta in Europa, in Germania a poco più di vent’anni, lo portarono a cena in un ristorante italiano dove gli fecero ordinare un risotto come ha detto lui “al formaggio”. Kade non aveva mai mangiato niente di diverso dal cibo indonesiano prima di allora e ha trovato il risotto una totale aberrazione di quello che lui era solito mangiare come riso (d’altronde la sua cultura come buona parte di quelle orientali sono basate proprio su questo alimento), il formaggio poi così puzzolente e saporito lo disgustava letteralmente. Per il primo mese non riuscì a mangiare nulla della cucina occidentale, si era fatto comprare un pacco di riso e lo cucinava in bianco. Poi lentamente si è abituato, col tempo, e con altri soggiorni all’estero, ha cominciato ad apprezzare il nostro cibo. Ecco questo capovolgimento della storia mi ha fatto pensare come alla fine i gusti e le abitudini siano tutti relativi e anche qualcosa che al nostro gusto ci sembra così delicato e “innocuo” come un risotto, per chi vive dall’altra parte del mondo possa essere un cibo esotico ed immangiabile!

Dopo Bali abbiamo proseguito il nostro viaggio per Singapore, ma non ne parleremo adesso! Lì ci siamo trattenuti solo pochi giorni che però dal punto di vista gastronomico sono stati così variegati ed intensi da meritare una parentesi a parte.

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