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Storia della piadina romagnola
Curiosità, Mangia - 11 Marzo 2021 - Scritto da Beatrice Perbellini

Storia della piadina romagnola

Prima ancora di entrare nei dettagli riguardanti la storia della piadina romagnola vi invito a riflettere su di un interessante fil rouge che unisce l’Oriente agli estremi più occidentali d’Europa passando per il Mediterraneo e giù per il continente africano, dove vengono preparate praticamente dalla notte dei tempi, pani non lievitati che accompagnano il cibo e che in alcuni casi lo contengono quasi come dei tovaglioli.

Per semplicità partiremo dal bacino del Mediterraneo e qui rimarremo ma, se foste interessati ad approfondire, lanciatevi nella scoperta degli innumerevoli pani non lievitati e cotti su di una superficie piana ed incandescente provenienti dall’India come dai paesi limitrofi: naan , chapati, paratha e roti per dirne un paio, oppure spostandoci in Africa la injera tipica di Eritrea ed Etiopia.

Dopo aver scoperto la storia della piadina romagnola lo Chef Daniele Riva ci guiderà nella preparazione della stessa con una simpatica video ricetta.

Pani azzimi dalla tradizione mediterranea

Nell’area mediterranea avrete senza dubbio sentito nominare la “pita”, conosciuta come pide in turco, pita in serbo-croato , pită in rumeno, pite in albanese e via dicendo, tutte variazioni della parola greco bizantina πίτα (a sua volta proveniente dal greco antico πίττα). La stessa tipologia di pane è presente anche nella cultura ebraica ed addirittura la parola è presente in aramaico nel Talmud babilonese ed indica il pane in generale.

Tornando alla piadina romagnola, in questo caso l’etimo è incerto ma spesso viene messo in relazione la parola greca πλακούς (focaccia). Se consideriamo però le altre varianti della dicitura piadina, anch’esse attestate in romagna come pieda, piè, pijda, pij, pida, piadéna, noterete senza dubbio la somiglianza con la parola pita ed il chiaro legame coi pani azzimi di origine mediterranea. Questo concetto è ancor di più valido se ricordiamo che la Romagna è stata un centro nevralgico dell’Impero Bizantino. Lo stesso Massimo Montanari, celebre studioso di storia dell’alimentazione, riconosce una indiscussa relazione della piadina con la tradizione gastronomica di epoca romana preservatasi in area bizantina più a lungo che nelle altre zone d’Italia dominate dalle popolazioni barbariche.

Presso il Museo Archeologico di Sarsina sono esposti alcuni esemplari di utensili utilizzati per cuocere le piade risalenti addirittura al II secolo d.C. appartenenti all’epoca romana.

Nella storia della piadina romagnola si insinua Giovanni Pascoli

Azimo santo e povero dei mesti
agricoltori, il pane del passaggio
 sei, che s’accompagna all’erbe agresti;

il pane, che, verrà tempo e nel raggio
del cielo, sulla terra alma, gli umani
lavoreranno nel calendimaggio. (…)

La Piadina – Giovanni Pascoli

Se la piadina, anzi oserei dire le piadine in tutte le loro varianti di spessore, ingredienti e croccantezza, esistono da sempre in area romagnola, la “moda” e il riconoscerla come addirittura un’eccellenza regionale, è relativamente recente, ed indubbiamente il poeta Giovanni Pascoli ai primi del ‘900 ci ha messo del suo. Il poeta di San Mauro di Romagna, ha avuto la capacità di sublimare una ricetta di base della civiltà contadina a pane nazionale dei romagnoli nella sua celeberrima poesia dal titolo appunto “La Piadina”.

storia della piadina romagnola
Azdora che cuoce la piadina sul testo tradizionale

La Piadina romagnola così come la conosciamo oggi appare nelle fonti già nel 1572 quando Costanzo Felici, nel suo trattato di medicina cita le “placente o cresce o piade (…) per il più fatte di pasta non fermentata con sale, e cotte sotto le ceneri infuocate ovvero nelli testi infocati”.

La preparazione era un compito femminile, riservato alle azdore le donne di casa, che tramandavano la loro ricetta da una generazione all’altra.

Quante piade o piadine in Romagna?

Noi italiani nasciamo come un popolo eterogeneo: lingua, usi, costumi e cultura gastronomica sono estremamente diversi da una regione all’altra. Ma se esiste qualcosa di costante in tutta la penisola, è il campanilismo sfegatato per le ricette tipiche, per le quali si cerca costantemente (spesso in modo totalmente sterile ed infruttuoso) di trovare la ricetta “autentica” l’unica ed originale. Ovviamente anche le piadine non sono immuni da questa logica, e quando si è cercato di venirne a capo con il riconoscimento di IGP, alla fine la molteplicità ha vinto sul concetto di unicità. Sono state individuate 2 tipologie, ma siamo certi che in realtà le piadine sono tante quante sono le azdore che le preparavano e le preparano ancora oggi.

Vediamole insieme:

  • La piadina identificata come “Terre di Romagna” può avere un diametro variabile tra i 15 ai 20 cm e uno spessore da 4 a 10 mm.
  • La piadina “Romagnola Riminese” è più grande con un diametro da 21 a 30 cm ed è più sottile con uno spessore entro i 3 mm.
storia della piadina romagnola
Azdore all’opera

Inutile chiedersi quale sia la più buona, noi che siamo liberi da ogni logica campanilistica regionale (anche se la mia nonna era di Ravenna…) le amiamo entrambe e si prestano molto bene a farciture molto differenti. Insomma non importa se si tratti di quella spessa o di quella sottile, la piadina regala sempre grandi soddisfazioni, e senza dubbio, grazie anche alla simpatia ed alle capacità commerciali dei romagnoli, ad oggi si attesta come uno degli street food italiani più amati.

Ricetta della piadina romagnola

Lo Chef Daniele Riva ci spiega per filo e per segno come preparare la piadina romagnola a casa.

Ringraziamo Daniele Riva per il suo contributo video e per aver rappresentato l’Emilia Romagna nella rubrica su instagram #cucinalaregione, se volete potete seguirlo sui suoi canali social: Youtube Facebook e Instagram o potete andarlo a trovare nel suo B&B A Casa dello Chef dove vi insegnerà di persona a cucinare tante interessanti ricette dall’Emilia Romagna.

Daniele Riva

Daniele Riva è nato a Bologna, città che ama e che sente sua anche quando si allontana. La tradizione e la cultura gastronomica della “Grassa” fatta di gesti e materie semplici, ma ricca di sapori, è stata il suo imprinting sin da bambino, fa e farà sempre parte della sua cucina. Una sola regola ferrea la domenica: nessuno si alza da tavola magro. Scoprite con lui Bologna attraverso questo splendido video.



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