Grissini torinesi storia e tipologie
Oggi per la rubrica settimanale #cucinalaregione scopriremo la storia e le origini dei grissini torinesi, eccellenza tipica piemontese che ha saputo conquistare le tavole di tutta Italia.
I grissini torinesi, sia che siano da stuzzicare in attesa del pasto, sia che siano serviti come antipasto con salumi e formaggi, sono ad oggi un vero e proprio must che non può mancare sulle tavole degli italiani. In Piemonte questa usanza è talmente diffusa, che quando si va a mangiare fuori il modo in cui vengono serviti i grissini e la loro bontà, rappresentano un parametro di giudizio indiscusso sulla qualità di un ristorante.
Questi deliziosi e croccanti bastoncini di pane esistono sulle tavole dei torinesi da secoli ed in passato seppero conquistare anche palati importanti, come quello di Napoleone che dopo l’annessione del Piemonte alla Francia nel 1800 ed un suo breve soggiorno a Torino, si faceva inviare les petites batons de Turin (come li chiamava lui) direttamente a Parigi.
Appoggiati sulla tavola apparecchiata, magari avvolti in un tovagliolo o a fianco del pane, i grissini rappresentano un elemento tradizionale immancabile della cucina piemontese.
Antoine Claude Valery definì i grissini come “la prima sorpresa per i viaggiatori in Piemonte…digeribili e non molto più costosi del pane”.
Le origini dei grissini torinesi
Le tradizioni tramandate sull’origine dei grissini sono molteplici, tutte valide e possibili, vediamole insieme.
- Il giovane Duca Savoia malato ed il panettiere Brunero
Secondo questa leggenda i grissini sarebbero stati inventati attorno al 1670 ad opera di un panettiere torinese di nome Antonio Brunero per rinvigorire il giovane Duca Vittorio Amedeo II. Il bambino infatti era di costituzione debole ed inappetente e, a detta del medico ducale don Teobaldo Pecchio, necessitava di cibo nutriente e di facile digestione. Venne quindi studiata una ricetta che rielaborava un pane stretto e lungo chiamato ghërsa, ottenendo appunto i grissini (la pronuncia di ghërsa è con la ë muta il che rende la parola foneticamente molto simile alla parola grissino).
Non si sa se siano stati veramente i grissini, ma il Duca crebbe decisamente in forze, visto che alla morte del padre nel 1675 diede inizio ad un epoca d’oro per la famiglia Savoia rendendosi protagonista della scena politica del 1700, sconfiggendo i francesi durante l’assedio di Torino e venendo incoronato come Re della Sicilia, poi scambiata con la Sardegna. É in questi anni che Torino viene riprogettata divenendo una città degna delle grandi capitali europee sedi di Corti reali. - La peste è alle porte, cambiamo il pane!
Questa volta facciamo un salto indietro di una generazione al padre di Vittorio Amedeo II, il Duca Carlo Emanuele II che con lo scopo di prevenire la peste che imperversava in Italia ed in Europa a metà del 1600, chiese ai panettieri di Torino di preparare un pane più igienico, meno soggetto a muffe e marcescenze. Vennero così preparati i grissini che avendo una minore quantità di acqua si conservavano meglio e più a lungo. - I grissini come rimedio alla povertà o parenti poveri delle baguette?
Secondo questa teoria l’invenzione dei grissini sarebbe da anticipare di alcuni secoli, addirittura al XIV secolo famoso per la terribile peste nera e le susseguenti carestie che portarono al rimpicciolirsi del pane dalla forma allungata chiamato ghërsa (che abbiamo già visto), che divenne sempre più piccolo fino a trasformarsi in grissini. In realtà se pensiamo alla vicinanza, anche culturale, della Francia con le sue lunghe baguette, e le innumerevoli testimonianze di pagnotte dalla forma stretta e lunga diffusi in Piemonte, forse la soluzione più semplice è che i grissini rappresentarono una versione “povera” di una tipologia di pane imparentato con quelli di oltralpe e presente da sempre in Piemonte.
Quello che è certo è che la prima fonte scritta che fa riferimento in qualche modo a qualcosa che potrebbe assomigliare ai grissini, è da far risalire al 1643 e nello specifico all’abate fiorentino Vincenzo Rucellai in viaggio verso Chivasso.
Il Rucellai menziona nella zona del Piemonte “una novità, sebbene di stravagante forma, vale a dire del pane lungo quanto un braccio e mezzo e sottile a similitudine di ossa di morti”.
Tipologie di grissini e varianti
Ad oggi potrete trovare due tipologie tradizionali di grissini torinesi: i robatà e i grissini stirati. Oltre a questi negli anni sono nate anche altre varianti, come quelli preparati specialmente nelle Langhe con l’olio di oliva, spolverati poi con farina di mais per ottenere ancora più croccantezza, oppure quelli al sesamo.
Se siete amanti dei dolci dovete assolutamente provare i grissini ricoperti di cioccolata fondente una vera sfizioseria che potrete trovare in alcune pasticcerie torinesi.
- Robatà (si pronuncia rubatà): questi grissini a base di farina, acqua e sale e dal diametro di 1-1,5cm lunghi dai 40 agli 80cm. Vengono preparati a mano con una lavorazione particolare che ne garantisce la croccantezza. Robatà vuol dire cadere, e fa riferimento al gesto che il panettiere deve fare dopo averli stirati arrotolandoli e facendoli cadere sul piano di lavoro per compattarne l’impasto. Si riconoscono per la loro nodosità data appunto dall’arrotolamento fatto a mano.
- Grissini stirati: in questo caso la pasta invece che arrotolata come con i robatà, viene stirata, allungata ed appiattita. Ancora più croccanti e friabili dei precedenti.
Stiror, Tajor, Coureur e Gavor: le figure dietro alla preparazione dei grissini torinesi
La preparazione dei grissini torinesi, come forse si sarà intuito, è tutt’altro che semplice. In origine erano ben quattro le figure che lavoravano per la preparazione di queste croccanti delizie.
- Stiror (quello che stira) addetto alla stiratura dell’impasto
- Tajor (quello che taglia) dopo la prima manipolazione dell’impasto ad opera dello Stiror era addetto al taglio in pezzi di circa 3 cm
- Coureur (quello che introduce) questa figura era addetta all’inserimento dei grissini in forno rigorosamente riscaldato con legno di pioppo
- Gavor (quello che toglie) l’ultimo anello della catena che estrae i grissini dal forno e li spezza in due.
Dai Savoia i grissini diventano patrimonio di tutti i piemontesi
Quale che sia la vera origine dei grissini, quello che è certo è che la famiglia Savoia contribuì ad accrescerne popolarità e prestigio. Oltre ai già menzionati Carlo Emanuele II e Vittorio Amedeo II, pare che i grissini fossero molto amati da Carlo Felice (1775-1831) che amava portarseli a teatro e sgranocchiarli come si farebbe oggi coi popocorn, la sua variante prediletta pare che avesse dentro della polpa di trota. Carlo Emanuele III invece arrivò a farsi confezionare uno speciale contenitore ermetico per portarsi i grissini addirittura in lune di miele!
Persino Friedrich Nietzsche, durante un suo viaggio a Torino nel 1880, scrisse che la popolazione preferiva i grissini al pane
Oggi i grissini sono un elemento tradizionale immancabile sulle tavole dei piemontesi, e anche se ormai li conosciamo e li amiamo in tutta Italia vi assicuro che i grissini torinesi che si possono mangiare in Piemonte sono tutta un’altra cosa…leggeri, fragranti e più digeribili del pane hanno saputo conquistare il cuore dei Savoia, dei torinesi e di tutti noi italiani!
Ringraziamo Willi La Paglia per le foto che ci ha gentilmente concesso per questo articolo e per aver rappresentato il Piemonte su instagram per la rubrica settimanale #cucinalaregione. Potete scoprire il suo profilo A Tavola con Willi e leggere il suo interessante blog.