Granita siciliana e brioscia col tuppo
Granita siciliana e brioscia col tuppo sono in Sicilia una vera e propria istituzione, oggi per #cucinalaregione vi faremo scoprire le origini di queste delizie siciliane che illustreremo grazie ai contributi in collaborazione con i blogger Pappablog e Denise Delicious.
Dalla rattata alla granita siciliana
Dal gesto di grattare il ghiaccio preparato pressando la neve, deriva l’antenata della granita siciliana ossia la rattata (grattata appunto). Questa usanza deriva dall’abitudine tipicamente araba di preparare lo sherbet o sharbat (dal verbo shariba ossia bere) utilizzando sciroppi di fiori o frutta in forma liquida o cremosa raffreddati col ghiaccio. Questa tipologia di bevanda, di origine a quanto pare iraniane, è ancora oggi diffusa in tutti i paesi di derivazione araba o che hanno avuto contatti con questa cultura nel passato, lo stesso sorbetto servito in Italia (e poi esportato in Francia col nome di sorbet) deriva da qui.
I nivaroli professionisti del ghiaccio
Ma come si faceva un tempo, specialmente in un luogo così caldo come la Sicilia ad avere disponibile tutto l’anno il ghiaccio? Questo poteva avvenire grazie ai nivaroli, professione di origine medioevale che prevedeva la raccolta della neve sull’Etna (o sui monti Peloritani, Iblei o Nebrodi), che veniva pressata in blocchi di ghiaccio e conservata nelle neviere alla bisogna. La neve veniva qui inserita in profonde buche nel terreno e ricoperta di cenere vulcanica, pronta ad essere trasportata avvolta in felci e paglia a dorso di mulo sino in città.
Le famiglie patrizie più ricche possedevano le loro neviere private ed erano in grado durante l’estate di accedere alla loro riserva di ghiaccio personale. Queste strutture di pietra a protezione delle buche sono ancora oggi visibili, ubicate in anfratti naturali o in luoghi particolarmente freschi in modo da poter conservare la neve il più a lungo possibile.
Una volta raccolto il ghiaccio nelle case neviere si procedeva poi a grattarlo per utilizzarlo nella rattata o in sorbetti, che potessero rinfrescare dalla calura estiva siciliana. Le prime rattate erano semplici ed utilizzavano acqua e limone, miele, sciroppi di fiori, ma nel tempo si sarebbe poi arrivati ad introdurre quegli aromi e sapori che ancora oggi caratterizzano le granite siciliane come mandorle, caffè, fragole, pistacchio e more di gelso.
La nascita del pozzetto alle origini della granita siciliana odierna
Nel corso dei secoli la formula è stata arricchita, migliorata e ovviamente automatizzata ma il principio resta sempre lo stesso.
Nel XVII secolo lo sherbet arabo subisce in Sicilia una notevole miglioria grazie a due scoperte: da un lato l’intuizione di mescolare il sale marino alla neve per mantenerle il potere refrigerante più a lungo, e dall’altro grazie all’invenzione del pozzetto ossia un recipiente di legno con all’interno un secchiello di metallo. La neve passando quindi da ingrediente a refrigerante (come avverrebbe in una moderna gelatiera), veniva messa nel recipiente di legno assieme al sale all’interno di un sacco di iuta, mentre il contenuto del pozzetto veniva mescolato con alcune palette e refrigerato. Questo ingegnoso processo faceva sì che il contenuto del pozzetto congelasse, ma grazie alle palette rimanesse estremamente cremoso impedendo la formazione di grandi cristalli di ghiaccio ottenendo la consistenza unica della granita siciliana originale.
“L’Etna fornisce neve e ghiaccio non solo a tutta la Sicilia ma anche a Malta e a gran parte dell’Italia, creando così un commercio molto considerevole. In queste contrade arse dal sole, persino i contadini si godono dei bei gelati durante i calori estivi, e non vi è ricevimento dato dalla nobiltà in cui i gelati non abbiano una parte di primo piano: una carestia di neve, dicono i siciliani, sarebbe più penosa che una carestia di grano o di vino. E si sente dire spesso che senza le nevi dell’Etna l’isola non sarebbe abitabile, essendo giunti al punto di non poter più fare a meno di quello che in realtà è un lusso”.
Patrick Brydone, Tour Through Sicily and Malta, 1773
La Brioscia col tuppo (Brioscia cû tuppu o briscia câ còppula)
Chiunque sia stato in Sicilia ha sicuramente provato il rito della granita siciliana accompagnata dalla brioscia col tuppo (sì perché non si scrive brioche alla francese anche se la parola deriva da lì).
Se non avete mai provato questo sublime connubio, sappiate che vale la pena andare in Sicilia anche solo per assaggiare la vera granita siciliana con la brioscia (sorvolando per un attimo sulle altre centinaia di migliaia di buone ragioni per visitare questa meravigliosa isola).
Partiamo dalle basi: quando approcciate una brioscia il primo gesto da compiere è mangiare il tuppo! Ma che cos’è il tuppo e cosa significa questa parola?
La parte superiore della brioscia, molto simile ad uno chignon, è chiamatta tuppo che in dialetto siculo indica appunto l’acconciatura femminile in cui i capelli vengono raccolti in forma circolare sulla nuca. Questa parola è un lascito della dominazione normanna in Sicilia, in normanno infatti questa crocchia si chiamava “toupin”, mentre nella lingua francese moderna si chiama “toupet”.
Origini della brioscia col tuppo
Per quanto riguarda le origini la brioscia pare che sia stata inventata a S.Teresa di Riva in provincia di Messina, ispirandosi alla forma del seno di una donna. Si tratta sostanzialmente di una variante della brioche francese da cui si differenzia però per alveolatura e consistenza, ottenute anche grazie all’utilizzo, in sostituzione del francesissimo burro, dello strutto, ingrediente più reperibile e meno costoso.
Non siamo riusciti a verificare la fonte ma in diversi in realtà attestano la brioche francese come una variante della brioscia siciliana e non viceversa. Quello che è certo è che il legame tra Francia e Sicilia, nonostante la distanza chilometrica, è molto stretto sia per i recessi storici che per l’emigrazione di un celebre cuoco: Francesco Procopio Cutò (che in Francia diventò François Procope Des Couteaux). Cutò emigrerà a Parigi nella seconda metà del ‘600 portando con sé la ricetta del gelato e della granita, che saranno servite nel famoso Cafè Procope sito proprio di fronte alla Comédie-Française e che diverranno da lì celebri in tutto il mondo. Non è chiaro se (come vogliono alcuni) sia stato materialmente lui l’inventore del pozzetto gelatiera che permise la preparazione della granita siciliana, ma senza dubbio ha il merito di aver reso il gelato italiano conosciuto in tutto il mondo.
Brioscia e granita o brioscia e gelato
L’usanza di associare la brioscia col tuppo alla granita siciliana (rigorosamente con panna) o col gelato, differentemente da quanto si potrebbe pensare è relativamente recente. Questo rituale, che vede innumerevoli piccole varianti nei gusti da abbinare, nel modo in cui la brioscia va inzuppata e servita (che se non sei siciliano difficilmente potrai sapere), avveniva fino al secolo scorso utilizzando altri dolci più semplici come la zuccarata messinese o dei filoncini di pane.
Oltre che con la granita potrete inoltre assaporare la brioscia col tuppo ripiena di gelato. Una vera e propria tentazione a cui, se siete in Sicilia, non potrete assolutamente resistere.
Se invece non siete in Sicilia ma a questo punto dell’articolo siete preda di un bisogno di dolci incontrollabile, potrete usare la ricetta di Pappablog per preparare una splendida brioche col tuppo e la video ricetta di Denise Delicious per realizzare a casa vostra un’ottima granita siciliana alle mandorle.
Cosa state aspettando?
Ringraziamo Pappablog e Denise Delicious per aver rappresentato su instagram la Sicilia per questa settimana dedicata a questa splendida regione, e per averci aiutato ad illustrare questo articolo con le loro foto e ricette.
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