Cucina toscana: dall’antipasto al dolce
Questa settimana vogliamo accompagnarvi in un viaggio virtuale che abbiamo compiuto insieme ad Elena Policella, nella cucina toscana. Per la rubrica #cucinalaregione siamo infatti stati insieme ad Elena i portavoce regionali di questa ricchissima cucina. Non è stato semplice scegliere solo pochi piatti, ma cercheremo di farvi immergere nella gastronomia toscana dall’antipasto al dolce facendovi scoprire curiosità, storia e qualche ricetta. Partiamo per il viaggio!
Crostini di fegatini toscani o crostini neri
I crostini toscani vengono preparati spalmando su fette di pane toscano abbrustolito un delizioso paté a base di fegatini di pollo, capperi, acciughe e un delicato soffritto di cipolla, carote e sedano. Vengono anche chiamati “crostini neri” sia per il colore a loro conferito dal fegato, che per differenziarli dai “crostini bianchi” tipici del senese, preparati con una crema a base di formaggio, burro e tartufo.
Come tantissime ricette tradizionali della cucina toscana, questa preparazione nasce come piatto povero e di recupero. In passato infatti nelle cucine degli importanti palazzi di Firenze, le frattaglie del pollame erano di norma scartate in quanto considerate poco invitanti. In questo modo gli scarti dei ricchi divenivano un appetibile bottino per i più poveri che, dotati di grande ingegno, erano in grado di trasformarli in una saporita crema, perfetta per essere spalmata sul pane vecchio di qualche giorno per ammorbidirlo. Oggi i crostini toscani sono un antipasto estremamente prelibato che può essere gustato sia a casa che nei ristoranti tipici toscani.
Ricetta dei crostini toscani del Babbuino Ghiotto con Mamma Grazia
Ribollita: ricetta di riuso per eccellenza della cucina toscana
Come dice lo storico Massimo Montanari riferendosi alle sane abitudini alimentari di un tempo “Sprecare era inconcepibile, in un mondo abituato a far tesoro delle proprie risorse, a valorizzarle fino in fondo”. La ribollita può essere considerata l’emblema dei piatti di recupero, fatta a partire da ingredienti estremamente poveri di origine contadina, come appunto il cavolo nero, i fagioli ed il pane secco. Questa zuppa di fagioli veniva preparata in abbondanza per poterla riscaldare (o appunto ri-bollire) e mangiarla più volte, letteralmente da colazione fino a cena. Pare che il nome ribollita sia relativamente recente e che possa essere opera di qualche ristoratore creativo. In ogni caso la Guida gastronomica d’Italia del Touring Club nel 1931 la descrive come “ Zuppa di fagioli alla fiorentina lasciata raffreddare e fatta ribollire con aggiunta di olio nuovo”. Le origini sarebbero comunque ben più antiche e non normate da alcuna ricetta scritta, piuttosto la preparazione si sarebbe diffusa come consuetudine in ambito contadino. L’Artusi stesso nel suo “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene“ del 1891 si riferisce a questa preparazione definendola non ribollita bensì “Zuppa toscana di magro alla contadina”. Vista l’origine spontanea di questo piatto, ogni famiglia ancora oggi ha una sua ricetta personale, non esiste una ribollita, ma tante ribollite diverse e sono tutte valide.
Ricetta Ribollita di Elena Policella
Pici: la pasta fatta in casa della Val di Chiana
Anche se nella forma i pici possono ricordare in qualche modo gli spaghetti, si tratta di un formato di pasta più spessa, fatta in casa a base di acqua farina, olio e sale, dalla forma cilindrica e irregolare, dotati di una consistenza corposa che si sposa benisismo sia con sughi saporiti che in bianco. La ricetta dei pici è tipica della zona del senese, e anche se prepararli è relativamente semplice serve tempo e una discreta manualità, gesti tipici che spesso vengono trasmessi da generazione in generazione.
L’origine dei pici pare essere molto antica, addirittura etrusca. In una raffigurazione presente nella celebre Tomba dei Leopardi di Tarquinia, monumento funebre etrusco appartenente al V secolo a.C., un servo è impegnato a portare in tavola un piatto fumante di pasta lunga in tutto e per tutto simile ai moderni pici. Dalla cittadina etrusca si sarebbero poi diffusi in Val di Chiana e da qui in tutta la regione.
In riferimento al nome c’è chi lo collega a Marco Gavio Apicio, celebre gastronomo dell’antica Roma, autore del ricettario “De Re Coquinaria”, mentre per altri è invece da far risalire al gesto di “appicciare” fatto col palmo della mano sul tavolo per tirare la pasta in lunghi cilindri.
Quale che sia l’origine di questo singolare nome, oggi i pici vengono serviti in svariate maniere, noi ve ne mostriamo due fra le più conosciute: all’aglione (con un saporito sugo di pomodoro ed una varietà di aglio tipica della Val di Chiana dalle grandi dimensioni) e con le briciole di pane abbrustolito.
Trippa alla fiorentina antico street food toscano
“Cammina, cammina, cammina, alla fine sul far della sera arrivarono stanchi morti all’osteria del Gambero Rosso.
—Fermiamoci un po’ qui — disse la Volpe — tanto per mangiare un boccone e per riposarci qualche ora. A mezzanotte poi ripartiremo per essere domani, all’alba, nel Campo dei miracoli.
— Entrati nell’osteria, si posero tutti e tre a tavola: ma nessuno di loro aveva appetito.
Il povero Gatto, sentendosi gravemente indisposto di stomaco, non poté mangiare altro che trentacinque triglie con salsa di pomodoro e quattro porzioni di trippa alla parmigiana: e perché la trippa non gli pareva condita abbastanza, si rifece tre volte a chiedere il burro e il formaggio grattato!“
Collodi, Pinocchio.
Carlo Lorenzini in arte Collodi, fiorentino doc, nella suo celebre romanzo per ragazzi Pinocchio fa mangiare al Gatto quattro porzioni di trippa alla parmigiana nell’Osteria del Gambero Rosso. Non si può di certo dargli torto, la trippa oltre ad essere un piatto delizioso ed un celeberrimo street food toscano insieme al lampredotto, è una preparazione di cui i fiorentini vanno particolarmente fieri. Già nel 1400 condite con aromi e cotte a lungo a fuoco basso, si mangiavano le trippe in bianco come piatto unico. Ci sarebbero voluti circa trecento anni perché i pomodori giunti dalle Americhe, si affrancassero come ingrediente ed entrassero a pieno titolo ad insaporire questo piatto prelibato a base di frattaglie.
Una menzione speciale va fatta ai venditori di trippe, che ancora oggi si possono trovare in giro per Firenze, i cosiddetti tripparoli o trippai che insieme ad altri tagli relativi al quinto quarto, vendevano (e ancora oggi vendono) prelibati panini farciti appunto con la trippa alla fiorentina o il lampredotto.
Ricetta Trippa del Babbuino Ghiotto
Fagioli all’uccelletto (scappato via)
“Fiorentin mangia fagioli, lecca piatti e romaioli”.
preparazione e foto Babbuino Ghiotto
Questo celebre detto fa comprendere immediatamente il rapporto dei fiorentini, e dei toscani in generale, coi legumi al centro di moltissime ricette tradizionali. Che si tratti di fagioli cannellini, di Sorano, con l’occhio, zolfini (giusto per dirne un paio), il loro consumo in Toscana è da sempre stato estremamente diffuso in tutti i ceti sociali. Pare che sia addirittura stata Caterina de’ Medici ad aver introdotto in Francia l’uso dei fagioli bianchi. Sembra infatti che la futura regina di Francia avesse avuto come dono di nozze, dal fratello Alessandro de’ Medici, dei semi di fagioli che aveva provveduto a far piantare e che definiva “toscanelli”.
preparazione e foto zia Lalla
Per quanto riguarda i fagioli all’uccelletto, anche questa ricetta tradizionale della cucina toscana è riportata nell’Artusi al n.384 col nome “Fagiuoli a guisa d’uccellini”. Il padre della cucina italiana ci tiene a riportare che in alcune trattorie li ha senititi definire come fagiuoli all’uccelletto. La teoria vuole che il nome odierno possa provenire da una dicitura goliardica del tipo “fagioli all’uccelletto scappato” a sottolineare l’assenza di carne e la povertà del piatto. Da lì poi il nome si sarebbe con l’uso accorciato per arrivare al nome con cui è oggi conosciuto questo prelibato piatto.
Ricetta Fagioli all’uccelletto del Babbuino Ghiotto
Dolci Toscani: Pan dei poveri (il castagnaccio) VS Pan dei santi
Castagnaccio
Il Castagnaccio, chiamato anche Migliaccio, è un dolce rustico conosciuto sin dal Cinqucento, la cui povertà degli ingredienti d’origine l’aveva reso noto anche col nome di Pan dei Poveri o Pane di Legno. Ortensio Lando nel suo “Commentario della più notabili et mostruose cose d’Italia e di altri luoghi” scritto nel 1554 ne riconosce l’inventore in un tale Pillade da Lucca, mentre nel 1644 in un altro scritto si menzionano i “castagnazzi” preparati anche con l’utilizzo di ingredienti salati come il fomaggio.
Sarebbe stato però a partire dall’Ottocento, con l’immigrazione dei contadini toscani in Settentrione e la conseguente diffusione di questo dolce, che la sua popolarità crebbe incredibilmente. Originariamente del castagnaccio esistevano diverse versioni che ancora oggi si possono trovare: da più spessa a più sottile a guisa quasi di frittelline. Sempre nel 1800 all’impasto vennero aggiunti anche ingredienti più pregiati come lo zucchero, il rosmarino le uvette ed i pinoli.
Ricetta Castagnaccio di Elena Policella
Pan dei (o con i) Santi
Questo dolce è tipico della zona di Siena e le sue origini non sono semplici da recuperare, sembra che all’inizio non fosse una preparazione dolce e che piuttosto venisse usato come un pane vero e proprio in accompagnamento al cibo. Viene definito “dei Santi” perché tradizionalmente preparato in occasione della festa di Ognissanti il primo novembre.
Questo pane, preparato con noci, uvetta, pepe, strutto, olio e poco zucchero era in principio pensato come perfetto compagno del vino novello, ma la successiva modifica della ricetta avvenuta a partire dagli anni ’50, che l’ha reso più dolce e ancora più ricco di sapore, ha fatto sì che oggi si sposi alla perfezione con un buon bicchiere di Vin Santo.
Ricetta del Pan dei Santi di Elena Policella
I ringraziamenti questa settimana devono essere ampi, il primo pensiero va ad Elena Policella che è stata con noi una grande compagna alla scoperta della cucina toscana, lei da Siena e noi da Verona. Sul suo profilo instagram potete andare a vedere la lista completa di tutto quello che ha cucinato. Il secondo sentitissimo grazie va alla mia mamma Grazia, fiorentina “esportata” ormai da tanti anni in Veneto, che mi ha aiutata a preparare diversi piatti che abbiamo presentato, con un entusiasmo ed una carica degni di una grande food influencer. Potete rivedere i nostri piatti e le stories realizzate con lei sul nostro profilo instagram. Ultimo grazie va alla zia Lalla e allo zio Walter che ogni giorno si sono sentiti con Grazia per consigli e ricette. La cucina è davvero un grande collante che può farci sentire vicino a luoghi che ci sono cari anche quando siamo lontani, in questo terribile 2020 si è dimostrata più importante che mai! Detto tutto questo: viva la cucina toscana!
I piatti per questo articolo sono stati cucinati e fotografati da:
Babbuino Ghiotto (Bea e Marco) e Mamma Grazia Bartolozzi
Come si dice “la mela non cade molto lontano dall’albero”, la passione per la cucina e soprattutto per raccontarla, nasce sicuramente dalle nostre madri. Chi siamo lo potete leggere nella sezione di questo sito, mentre Grazia vi sveliamo essere oltre che una bravissima cuoca e amorevole madre, una pittrice di professione. D’altronde in cucina un po’ di arte è sempre necessaria. A Verona da tantissimi anni, non ha però mai perso l’abitudine a cucinare piatti tipici toscani, e nemmeno il suo splendido accento fiorentino.
Elena Policella ha unito l’amore per il mettere le mani in pasta a quello per la comunicazione web. Così è nato il suo canale di video ricette YouTube e il blog Meno Male Son Golosa, nel lontano 2009. Nata a Bolzano, vive in Toscana da vent’anni, ma le sue origini sono pugliesi. Sommelier per passione, dice di avere un evidente problema con la gestione degli zuccheri, che sono la sua croce e delizia.
Speriamo che il viaggio nella cucina toscana vi sia piaciuto non perdetevi gli altri articoli ad essa dedicati: Pappa col Pomodoro, Tortelli Mugellani, Peposo