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Alla scoperta degli antichi pani italiani
Curiosità - 01 Marzo 2018 - Scritto da Beatrice Perbellini

Alla scoperta degli antichi pani italiani

Uno dei motivi per cui l’Italia è univesalmente riconosciuta come uno dei paradisi dell’enogastronomia è la sua incredibile varietà di piatti, ricette e preparazioni tipiche, presenti su tutto il territorio. Il pane, che per anni è stato l’alimento principe di tutte le tavole dai più ricchi ai più poveri, presenta centinaia di varianti locali che oltre ad essere spesso originali (e deliziose!) portano con sé storie e tradizioni centenarie. Oggi ne vedremo tre: il pane toscano, quello ferrarese (conosciuto come coppia) ed infine lo schüttelbrot tirolese.

PANE TOSCANO:
Come tutti sanno il pane toscano è prima di tutto famoso per essere sciocco, questa tradizione risale a secoli addietro e ne abbiamo un’autorevole testimonianza addirittura in Dante che nel XVII canto del Paradiso mette in bocca al suo bisavolo Cacciaguida queste parole:

“Tu proverai sì come sa di sale
lo pane altrui, e come è duro calle
lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale”.

Il sommo poeta si riferisce al suo futuro esilio da Firenze, fuori dalla quale sarà costretto a constatare come il pane sia appunto salato. Sulle ragioni per cui il pane toscano sia sciocco ci sono diverse teorie sia storiche che “gastronomiche”:

  1. La rivalità medioevale tra Pisa e Firenze che portò al blocco dei rifornimenti di sale da parte dei pisani;
  2. L’elevato costo della materia prima come testimonia l’onerosa “tassa sul sale” che i cittadini fiorentini erano tenuti a pagare;
  3. Considerato che la mappatura delle zone in cui il pane si mangia sciocco (non solo la Toscana ma anche in alcune zone dell’Umbria e del Lazio settentrionale) corrisponde circa all’antica Etruria, non è da escludere che questa consuetudine provenga addirittura dalle abitudini di questo popolo;
  4. Il pane senza sale si abbina perfettamente ai sapori forti della cucina e della norcineria toscana.

Degno di nota in tutta la produzione della regione è il celebre pane di Altopascio (zona della provincia di Lucca), impastato senza lievito per mezzo della “sconcia” preparata tutti i giorni, e che veniva offerto tradizionalmente ai pellegrini in cammino sulla via Francigena.
Dalla mia personale esperienza mi sento di dire che il pane toscano (come buona parte dei prodotti tipici italiani) deve essere consumato in Toscana. Nonostante sia venduto in tutt’Italia, quello che si trova al di fuori di questa regione non è neanche lontanamente paragonabile a livello qualitativo.
Un buon pane toscano dev’essere croccante e dorato fuori (la crosta non dev’essere molliccia), ben lievitato e morbido dentro, con un sapore lievemente acidulo.
Molti piatti tipici toscani si preparano con questo pane a partire dalla pappa col pomodoro, alla ribollita sino all’estiva panzanella. Non azzardatevi ad utilizzare un pane diverso, vi assicuro che la differenza si sente eccome!

PANE FERRARESE DETTO COPPIA O CIUPETA:
Ecco un pane che oltre ad essere molto buono, con la sua originale e raffinata forma è anche molto bello, quasi fosse una piccola opera d’arte. Si hanno notizie del pane ferrarese già nelle cronache medioevali del 1200, ma la sua forma così come la conosciamo oggi è da far risalire al carnevale del 1536 e pare che fosse un omaggio ai boccoli di Lucrezia Borgia giunta in città come sposa di Alfonso D’Este.

La coppia (o in dialetto ciupeta) si compone di quattro estremità o cornetti (forse anche questi un maligno riferimento alla coppia ducale) ed un fiocco centrale. La forma così originale permette di avere in un unico pane diverse consistenze: dalla croccantezza dei corni sino alla morbidezza della mollica presente nel fiocco.

Dal 2001 la coppia ha ricevuto il marchio Igpe dal 2004 è nato il Consorzio per la tutela per la coppia ferrarese, il disciplinare di preparazione è rigidissimo quindi diffidate dalle imitazioni!
Gustatevi questo video dove viene mostrato come avviene la particolare arrotolatura del pane, che mani sapienti fanno in pochi, rapidi gesti.

SCHÜTTELBROT
Prima di parlare di questo pane nero, croccante e speziato, bisognerebbe innanzitutto ricordare che nella storia è da sempre esistita una distinzione netta tra i popoli del nord, di matrice barbarica, mangiatori di carne e bevitori di birra, e quelli del sud di origine greco/romana, mangiatori di pane, verdure e olio e bevitori di vino.

Di fatto i pani nordici, “scuri” fatti con farine diverse da quella bianca di frumento (che ai climi freddi non cresce) hanno rappresentato un tentativo, messo in atto nel medioevo dalle popolazioni di origine barbarica (ormai radicate in Italia), di adattare i propri costumi adottando alcuni usi alimentari propri delle popolazioni autoctone di origine romana.

Già in epoca medioevale diverse fonti parlano della produzione e della panificazione nella provincia autonoma di Bolzano. In modo più esplicito lo schüttelbrot viene chiaramente nominato in un ordinamento tirolese del 1610 dove si fa però riferimento a regolamenti ancora più antichi.
Questo pane di forma tonda, secco, appiattito e ricco di spezie che gli danno il suo sapore caratteristico, nasce in realtà come alimento di scorta. In determinate zone dove appunto gli inverni erano molto lunghi ed ostili, la necessità di mettere da parte scorte alimentari che potessero durare diversi mesi, ha fatto sì che le popolazioni locali si ingegnassero con diversi metodi di conservazione.

Ma veniamo alla preparazione.
Lo schüttelbrot tradizionalmente è fatto di: farina di segale, lievito acido e spezie quali la trigonella caerulea, il finocchio, l’anice, il coriandolo e il cumino.
Il nome stesso, che tradotto significa “pane scosso”, ci da un’indicazione importante sul suo metodo di lavorazione. Una volta formata una pagnotta e fatta lievitare a tre quarti, il panetto viene adagiato su di una tavoletta di legno e sbattuto vigorosamente contro un piano rigido, continuando a ruotarlo sino a che non si trasforma in un disco spesso sui bordi e sottile al centro.
Una volta cotto lo schüttelbrot si conserva sino ad un anno, è delizioso mangiato con lo spek, coi salumi locali e con i sottaceti.

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